TEST GENETICO- DNA-

E’ utile fare il test genetico?(dna)

 

Un test genetico è un esame del DNA, eseguito analizzando un semplice campione di saliva,

che ricerca la presenza di alcune varianti nei tuoi  geni responsabili del tuo stato di salute.

Il test genetico non è funzionale a una diagnosi, né a una prognosi della malattia. 

 

L’obiettivo è solo quello d’ individuare dei fattori di predisposizione ad una serie di malattie. 

 

Per esempio, quando abbiamo il colesterolo o l’omocisteina alti non abbiamo solo un indice di rischio maggiore di sviluppare malattie cardio – circolatorie ma, purtroppo, abbiamo già in atto uno squilibrio metabolico per il quale bisogna ricorrere a delle vere e proprie terapie. 

 

Sapere invece, che abbiamo una predisposizione, scritta nel nostro DNA significa cercare di conservare il proprio benessere,

semplicemente assumendo gli integratori giusti e correggendo il proprio stile di vita in modo mirato.

Ma questi esami ne possono  nascondere in realtà altri, con finalità diverse. Un esempio è quello del gene della fibrosi cistica,

che viene ricercato nei bambini appena nati con familiarità e che presentano alcuni sintomi sospetti. 

Altri geni, come alcuni di quelli che provocano il cancro del colon familiare (gene della poliposi adenomatosa familiare),

 

non indicano la malattia, ma una probabilità di ammalarsi che, con l'avanzare dell'età, arriva quasi al 90%. 

Non si ha però alcuna certezza di diagnosi, ma solo una eventuale possibilità di malattia.

Sapere di essere portatori di queste mutazioni nel DNA è però importante perché le misure di prevenzione (ricorso frequente alla colonscopia e asportazione dei polipi e di altre lesioni precancerose)

sono efficaci nella maggioranza dei casi. Se invece si vanno a cercare geni che indicano un rischio di ammalarsi di tumore più basso

(come per esempio i geni BRCA1 e BRCA2 del cancro del seno o dell'ovaio - che indicano un rischio compreso tra il 50% e l'80% -

o il gene Ret del carcinoma della tiroide), saperlo è molto utile perché dà l'indicazione di aumentare la frequenza dei controlli,

cominciare in giovane età, adottare stili di vita sani ma solo l'asportazione preventiva dell'organo (mammelle, ovaie o tiroide)

potrebbe, spesso a caro prezzo, fornire una ragionevole sicurezza di evitare il cancro.

"Quando le percentuali sono ancora più basse o il gene esaminato è coinvolto in diversi tipi di tumori,

l'utilità è ancora minore" spiega Pierotti. 

 

                                   MA QUALI RISCHI  SI CORRONO?

 

Esiste il problema della esatta  interpretazione del referto, specie se non è un genetista a presentarlo al paziente. 

"Non tutti hanno dimestichezza con la statistica, e invece qualche nozione è fondamentale per comprendere la reale portata delle informazioni che si ricevono. Per esempio, avere un rischio aumentato del 30% di sviluppare un tumore ha un significato diverso se la malattia è molto frequente o se, invece, è relativamente rara.

Il 30% in più di un numero piccolo significa una aumento limitato in termini assoluti, ma consistente se la malattia è molto diffusa" spiega Boniolo. 

La bioetica deve tenere conto anche degli aspetti psicologici: "Ha senso fare uno studio genetico se possiamo proporre al paziente qualcosa per limitare il danno, altrimenti è una questione da valutare con attenzione" continua Boniolo.

 

LA VERITA’ COME AL SOLITO STA NEL MEZZO.

 

Secondo “Movimentosalute onlus” una analisi di questo tipo, effettuata per persone di età compresa tra i 40 anni ed i 50

è sempre utile per conoscere se il nostro organismo possiede dei geni che potrebbero nel tempo  portare ad avere delle malattie gravi.

Ma queste analisi vanno prese, anche se non siamo medici, solo come una possibilità ed è invece sempre bene, prima di farle,

rivolgersi al proprio medico di fiducia per avere un suo parere professionale su questi controlli.

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LATTE E LATTICINI SONO RESPONSABILI DEI TUMORI?

Latticini e Tumori

 

Esiste una correlazione tra latticini e tumori?

Facciamo il punto su tutte le ricerche

da Assolate

 

Spesso si associano erroneamente i latticini al rischio di contrarre tumori di vario genere, a causa della disinformazione dilagante che circola ormai da tempo in rete.

Il propagarsi di siti e blog che propinano alle persone pseudo-ricerche o storie basate sul nulla, fanno sì che qualsiasi notizia, vera o inventata, diventi di dominio pubblico e purtroppo, a volte, presa come un dato di fatto.

 

La falsa credenza secondo la quale il consumo sporadico o giornaliero, non è specificato, del latte e dei latticini porti a un incremento significante della comparsa

di tumori di vario tipo è sostenuta da certi ricercatori in base ai loro studi sulle proprietà del latte.

 

L’incidenza nella comparsa di un tumore è attribuita ad una sostanza presente nelle proteine del latte, la caseina, che lo compone per circa l’80%, mentre il restante 20% è composto dalle proteine del siero. 

Questa proteina è accusata di essere responsabile del cancro alla prostata soprattutto a causa di alcuni testi che approfondiscono l’argomento, come The China Study di T.Colin Campbell.

In questo libro, che raccoglie i dati dello studio condotto in Cina durante gli anni ’80, si afferma che tutte le proteine, tra cui anche quelle da cui è composto il latte, siano responsabili per l’insorgenza del tumore alla prostata.

Campbell evita di affermare, nel suo libro, che facendo seguire la dieta da lui proposta ai topi dell'esperimento, quindi eliminando completamente le proteine dall’alimentazione,

questi morivano comunque di tumore. Il tumore sviluppato dai topi non era quello studiato nella ricerca, ossia quello alla prostata, ma era un tumore epatico;

si evince quindi che seguire una dieta sbilanciata non è mai la strada giusta da percorrere.

Il latte è stato collegato spesso erroneamente anche all’incidenza di tumore alle ovaie, anche se non secondo gli studi scientifici che sono stati condotti sull’argomento,

come sottolineato dal World Cancer Research Fund/American Institute for Cancer Research. 

 

Secondo il rapporto, non esistono prove scientifiche che ne evidenzino la correlazione, ma soltanto la probabilità.

 

Un’altra correlazione sbagliata tra latticini e tumori è quella tra il consumo di latte e la comparsa del tumore al seno nelle donne. 

Si è studiato che una dieta ricca di grassi può portare a una maggiore probabilità di insorgenza di cancro al seno, ma questo dato non deve essere collegato

necessariamente al consumo di latte e certi latticini, considerando che  il latte intero conta una percentuale di soli 3,6% di grassi sul suo peso totale, mentre quello scremato ne ha addirittura solo lo 0,2%.

Altri latticini che proteggono l’organismo dalla comparsa del cancro al colon sono lo yogurt e il latte fermentato, grazie ai lattobatteri al loro interno.

Anche chi segue una dieta vegetariana può tranquillamente consumare la dose consigliata di latte e latticini, perché non prevedono

il sacrificio di nessun animale, prevenendo così il rischio di insorgenza di cancro al colon in età avanzata.

 

 

 

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Diminuire il consumo di carne per evitare problemi di artrosi

Una dieta che limita

la carne può aiutare nell’artrosi

 

di Marco Lanzetta Chirurgo

Mano e microchirurgo Centro Nazionale Artrosi

 

Le recenti autorevoli prese di posizione sulla pericolosità per la salute della carne di allevamento, specie se manipolata e trasformata in un alimento talvolta molto distante dall’originale, si prestano ad alcune considerazioni e a un’estensione del perimetro di analisi.

Se è infatti ormai dimostrato scientificamente che il consumo di carne predisponga ad un aumento della probabilità di sviluppare un tumore, è necessario allargare la discussione anche a patologie

magari non così drammatiche ma non per questo da mettere in

secondo piano.

Mi riferisco all’influenza che l’alimentazione in generale e il

consumo di carne in particolare ha su malattie invalidanti che

nella nostra società rappresentano un motivo di preoccupazione

data la loro enorme incidenza.

Nella mia pratica clinica ho constatato negli ultimi anni una crescente richiesta di cure per le malattie articolari degenerative, come l’artrosi, che affligge milioni di italiani (circa 5 secondo le ultime stime) e che da molti è ancora considerata una forma ereditaria contro la quale non si può fare molto.

In caso di artrosi, il consumo di carne è sicuramente da ridurre o meglio da evitare completamente. I nostri dati, insieme a una rilevante letteratura scientifica internazionale, cominciano a mostrare che una dieta carnivora sostiene e promuove la malattia artrosica.

La carne infatti contiene grassi animali nocivi che vengono trasformati in precursori dell’infiammazione, e quindi concorrono a sostenere il processo flogistico così tipico di questa malattia.

 

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