La soia e suoi derivati

Soia e suoi derivati

 

  un legume particolare che  merita un paragrafo a parte vista la quantità di proteine offerta, pari a ben il 37% del peso del prodotto a secco. 

La soia proviene dall’Asia ma è un prodotto che oggi si trova comunemente in qualsiasi bottega di generi alimentari

e si declina in molteplici prodotti, altamente nutrienti e digeribili. 

A partire dal latte di soia, salvezza di un gran numero di intolleranti al lattosio; la farina di soia, ricca di proteine e scarsa di grassi;

il tofu, il famoso formaggio di soia, che integra da anni le ricette vegetariane; il miso, prodotto esotico largamente diffuso anche in Italia,

un energizzante naturale basato sulla fermentazione di soia gialla e sale e adottato come insaporitore per molti piatti, a partire dalla famosa zuppa giapponese. 

E poi c’è il tempeh, ovvero la cosiddetta carne di soia: nata anch’essa dal processo di fermentazione, che ne conserva la maggior parte delle proprietà,

per il suo elevato contenuto proteico è definita la carne dei vegetariani.

 

Le proprietà della Soia 

 

I semi di soia contengono proteine (circa il 36%) e grassi (20%), quest’ultimi costituiti prevalentemente da acidi grassi insaturi i quali rivestono un ruolo fondamentale per il nostro organismo:

essi infatti svolgono un’azione di prevenzione contro numerose alterazioni e malattie. 

Questo legume è inoltre ricco di minerali come il calcio, il fosforo, il potassio, il magnesio e il ferro. Sono presenti inoltre vitamine A, B1, B2, B3, B5, B6 e vitamina C. 

La soia contiene anche fibra bel tollerata dal nostro organismo che concorre a combattere la stitichezza, regolarizza la glicemia e il tasso di colesterolo nel sangue.

La soia, oltre ad apportare un alto contenuti nutritivo, è in grado di esercitare anche diversi effetti benefici sul nostro organismo. 

È stato dimostrato che la soia abbassa il colesterolo, favorisce la mineralizzazione delle ossa prevenendo l’osteoporosi, aiuta l’apparato digerente in caso di intestino pigro,

è un buon antititumorale (in particolare contro tumore al colon, fegato, seno e prostata) e infine, grazie agli Isoflavoni, la soia è un buon rimedio contro i disturbi della menopausa. 

Questo perchè gli Isoflavoni aiutano a reintegrare parte degli estrogeni, non prodotti più dalle ovaie. 

 

www.viversano.net/alimentazione/mangiare-sano/proprieta-della-soia/

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I Lipidi

LUPINI PER RIDURRE IL COLESTEROLO: FUNZIONANO?

 

I lupini sono preziosi alleati per ridurre 

il colesterolo, ma non possono certo farlo da soli.

Di Valeria Gatti

A quanto pare, secondo un recente sondaggio reso noto da Repubblica, il 40% della popolazione italiana non sa di avere livelli di colesterolo superiori alla media.

L'allarme è che questo dato è in crescita, soprattutto nella popolazione femminile, nonostante gli incrementi di vendita di certi alimenti e la predilezione crescente per diete alternative, come la dieta vegetariana.

Oltre i 240 mg/dl si parla infatti di ipercolesterolemia: il colesterolo alto è, in gran parte dei casi, determinato dalla dieta e dalla cattiva alimentazione, sedentarietà, nonché da fattori genetici, patologie come il diabete o periodi di forte stress psicofisico.

Tutti sanno che il prediligere alimenti di origine vegetale e l'assumere pochi grassi rappresentano la migliore prevenzione di questo pericoloso disturbo.

Non va inoltre tralasciato il ruolo fondamentale rivestito dall'attività fisica: almeno mezz'ora al giorno tra scale, strada a piedi per recarsi sul posto di lavoro, giocare, saltare e correre il più possibile!

Nell'ambito di uno stile di vita corretto e un'alimentazione equilibrata, i lupini possono svolgere un ruolo di supporto contro il colesterolo alto. Ecco perché.

 

 

 

Il potere dei lupini nella lotta al colesterolo

 

I lupini dunque aiuterebbero a controllare i livelli di colesterolo nel sangue, in particolare dell'LDL, il colesterolo "cattivo".

Si tratta di piccoli legumi gialli, dal gusto particolare, molto apprezzati soprattutto nel centro Italia, Emilia Romagna in primis. Il Lupino Albus o lupino bianco appartiene alla famiglia delle Fabaceae e regala un seme che viene reso commestibile dopo un processo di cottura e di messa in salamoia.

Tra i valori nutritivi di considerevole importanza troviamo nei lupini proteine e acidi grassi, sia Omega-3 che Omega-6.

Contengono anche vari minerali, come ferro, potassio, calcio e magnesio; sono però proprio gli acidi grassi polinsaturi a determinare quel particolare processo di riduzione del colesterolo, come del resto contribuiscono allo stesso anche altri alimenti che li contengono, tra cui alghe, pesci, semi e olio di semi di lino, olio di girasole o di arachidi, pinoli, semi di girasole, semi di zucca.

I lupini funzionano dunque sì per regolare i livelli di colesterolo, ma non da soli: si assumono come aperitivo, come ingrediente in secondi piatti veg, o in zuppe e insalate un paio di volte a settimana, alternandoli con altri legumi, ma non bisogna dimenticare che uno stile di vita globalmente sano è ciò che più aiuta l'organismo a mantenersi in forma.

 

Lupini nella dieta contro il colesterolo

 

Ma quali sono gli alimenti, veri alleati di una dieta anti-colesterolo

Secondo quanto viene anche riportato dal sito Fondazione Veronesi, la dieta mediterranea è ancora tra le favorite, in quanto incide positivamente sui livelli di colesterolo buono, colesterolo HDL, eliminando quello cattivo, colesterolo LDL, e aiuta a prevenire arteriosclerosi e malattie cardiovascolari.

Ecco quindi che cereali, legumi e ortaggi sono i primi alimenti da privilegiare, in particolare i legumi andrebbero consumati dalle due alle quattro volte a settimana, nello specifico lupini e soia, poiché sarebbero in grado di ridurre la porzione del colesterolo da parte del fegato.

 

Fonti aggiornate: "Meridiano Cardio-Lo scenario delle cardiopatie ischemiche: focus sull'ipercolesterolemia", realizzato da The European House-Ambrosetti, e supportato da Amgen.

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Olio di Palma

L’olio di palma fa male alla salute ? 

Ecco i lavori scientifici che lo dimostrano. 

Il silenzio imbarazzato del Ministero salute, delle aziende e dell’Inran (Cra-Nut) 

( da “il fatto Alimentare”)

 

La risposta è affermativa anche se gli studi condotti da alcuni ricercatori in Malesia e in Indonesia (i principali paesi produttori di olio di palma) tentano di dimostrare il contrario. 

Le aziende italiane che usano il palma in quasi tutti i prodotti alimentari cercano di ignorare questo problema, anche se è ormai difficile sostenere che si tratta di un grasso di buona qualità. 

 

Abbiamo chiesto un parere al Ministero della salute, all’Istituto Superiore di Sanità, all’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (ex Inran ora Cra Nut): nessuno ha saputo fornire risposte sulla sicurezza di questo ingrediente

 

In assenza di fonti ufficiali abbiamo fatto una ricerca per vedere cosa dice la letteratura scientifica a proposito del grasso palma e le conclusioni sono poco rassicuranti.

 

«La situazione non è proprio rosea e i lavori scientifici lo evidenziano – spiega Anna Villarini biologa nutrizionista presso l’Istituto nazionale dei tumori di Milano. Una raccolta di studi condotta dai ricercatori e nutrizionisti italiani come Elena Fattori  (**), Cristina Bosetti, Furio Brighenti, Claudio Agostoni e Giovanni Fattore su oltre 50 lavori diversi e pubblicata nel 2014 su The American Journal of Clinical Nutrition, evidenzia che il consumo abituale di olio di palma fa aumentare in modo significativo la concentrazione di grassi nel sangue, dal colesterolo ai trigliceridi.

   Non solo, il rapporto tra colesterolo cattivo (LDL) e buono ( HDL) aumenta, per cui alla fine si assiste a maggiori livelli di colesterolo cattivo. Un altro elemento evidenziato è la maggiore presenza di colesterolo cattivo nel sangue tra gli abituali consumatori di olio di palma, rispetto alle persone che impiegano altri grassi decisamente più salutari come l’olio extravergine di oliva. 

Un’altra considerazione – continua Villarini – è che il palma viene spesso utilizzato in forma esterificata dalle aziende alimentari e questa modifica peggiora il profilo lipidico favorendo il danno cardiovascolare.

 

  C’è infine un lavoro pubblicato su Lipids nel 2014 da Perreault M dove si associa il consumo di acido palmitico all’incremento di sostanze infiammatorie circolanti nel sangue. È noto che gli stati di infiammazione cronica favoriscono lo sviluppo di varie patologie come le cardiovascolari, l’aterosclerosi, il diabete e anche alcuni tumori».

 

Un’altra informazione interessante riguarda l’India, dove il consumo di olio di palma e di alimenti che lo contengono ha raggiunto alti livelli. 

Il governo sta valutando di mettere una tassa per disincentivarne l’impiego visto l’impatto che avrebbe sui livelli di colesterolo, sulla mortalità per malattia coronarica e per malattia cerebrovascolari (vedi documento).

Ma le informative scientifiche sul palma non sono finite. Uno degli studi più accreditati condotto in 23 Paesi nel periodo compreso tra il 1980 e il 1997, da Brian K Chen e collaboratori, nel 2011 ha esaminato gli effetti negativi sulla salute riferiti ad un lungo periodo. 

Gli autori sostengono che per ogni kg di olio di palma assunto in più ogni anno, aumenta il tasso di mortalità per patologia cardiovascolare. 

La stima parla di 68 morti ogni 100.000 abitanti. 

Questo valore risulta inferiore per i paesi industrializzati (17 morti ogni 100.000 abitanti) dove questa materia grassa è meno utilizzata. Volendo trasferire la valutazione dell’incremento del rischio cardiovascolare e di infarto in seguito all’aumento di 1 kg di palma pro capite l’anno, al nostro Paese la stima equivale a oltre 10.000 morti l’anno. 

Nello stesso lavoro, gli autori hanno preso in esame il ruolo degli altri grassi presenti nella dieta, perché i sostenitori del palma basano spesso le tesi difensive sul fatto che l’incremento di colesterolo serico non può essere imputato a un solo grasso, ma a tutti quelli assunti nella dieta o, come indicato in una recente review italiana del 2013 da Fattore e collaboratori, dalla struttura dei trigliceridi. Ebbene, secondo i dati raccolti da Chen, l’effetto negativo del palma persiste indipendentemente dagli altri grassi della dieta.

 

UN COMMENTO DELLA NOSTRA REDAZIONE

Ma, noi poveri mortali, che non siamo dei ricercatori, ma che leggiamo i giornali, dove pochi mesi fa, ricordiamo,  sono stati pubblicati sui principali quotidiani italiani, a pagina intera, delle chiare smentite sul fatto che l'uso dell'olio di palma NON ERA ASSOLUTAMENTE PERICOLOSO PER LA SALUTE DELLA POPOLAZIONE ED ALLORA A CHI DOBBIAMO CREDERE?

Se poi, ancora oggi, entriamo in qualsiasi centro commerciale e troviamo sugli scaffali, molti prodotti che indicano nella loro composizione l'olio di palma e ricordiamo, con apprensione, che sono ormai molti anni, che praticamente una buona parte dei fabbricanti l'hanno usato, solo perchè questo olio, ha un valore commerciale molto inferiore agli altri.....  possiamo essere preoccupati di averli per anni mangiati rischiando la pelle?

Oggi sappiamo finalmente che l'uso dell'olio di palma è nocivo, che danneggia la nostra salute, rabbrividendo anche che per decenni, in tanti paesi asiatici, tipo l'indonesia, sono state distrutte delle intere foreste, solo per la coltivazione di questa pianta, perchè il “dio denaro” comanda il mondo.

Una grande enorme vergogna, a livello mondiale e non solo italiano ( In Francia, ad esempio, ancora oggi, molti  prodotti confezionati, compreso anche il pane, vengono  venduti contenenti questo olio.)

 

 

 

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