KEFIR

IL KEFIR



Secondo la leggenda, Maometto avrebbe donato i primi grani di kefir agli avi dei montanari del Caucaso, che per questa ragione lo chiamarono “miglio del profeta”.

In realtà è difficile stabilire in che modo si sia ottenuta la miscela di microorganismi che compone i granuli di kefir.

L'uso di consumare latte fermentato è estremamente antico, ve ne sono testimonianze nel Libro della Genesi, ma non risultano fonti che parlino esplicitamente del kefir.

Una testimonianza di una bevanda simile si ha nel Il Milione di Marco Polo che afferma di aver incontrato durante il suo viaggio verso la Cina popolazioni caucasiche che consumavano Chemmisi,

una bevanda originata dalla fermentazione di latte di giumenta, dal leggero tasso alcolico.

Recenti studi hanno dimostrato che è possibile ottenere i kefiran (grani di kefir) inoculando con la flora batterica dello stomaco di capra il latte

contenuto in un otre di cuoio e sostituendo giornalmente metà del latte con latte fresco; dopo una decina di settimane si sono formati granuli di kefir.

Il kefir veniva preparato con il latte di vaccapecora o capra. Tradizionalmente si metteva in otri di pelle e lo si rimpiazzava con latte fresco per cui

la fermentazione avveniva continuamente.

Secondo la tradizione il kefir si usa per curare le enteriti e, a volte, la tubercolosi.

In epoca moderna fu il Premio Nobel per la medicina Il'ja Il'ič Mečnikov ad interessarsi al kefir e a studiarne i ceppi batterici,

convinto che fosse uno dei motivi della longevità delle popolazioni caucasiche grazie alla presenza di acido lattico che terrebbe a bada la proliferazione batterica nell'intestino.

Preparazione

La preparazione del kefir necessita dell'inoculazione del latte con i fermenti omonimi, un'associazione di batteri e di lieviti residenti in strutture costituite da un polisaccaride,

il kefiran, prodotto dai batteri stessi. I microorganismi si moltiplicheranno nel latte portando a compimento il processo fermentativo.

Nella fermentazione intervengono diverse specie di lieviti e di fermenti lattici. Si tratta di una fermentazione prevalentemente lattica, ma in parte anche alcolica

 (presenza di lieviti che trasformano lo zucchero in alcool e in anidride carbonica).

Nella preparazione domestica tradizionale i granuli vengono recuperati e riutilizzati per le successive fermentazioni.

Si aggiungono i fermenti al latte (deve essere freddo o a temperatura ambiente, comunque non eccessivamente caldo) e si lascia fermentare da 24 a 48 ore a circa 20 °C

mescolandolo di tanto in tanto (Si può usare il latte fresco pastorizzato o il latte a lunga conservazione). Il kefir ottenuto nella produzione domestica

può avere una leggera gradazione alcolica (fino ad 1 grado) mentre alcuni prodotti industriali non presentano questa caratteristica grazie a specifici metodi produttivi.

Se non viene consumato subito, il kefir deve essere messo in frigorifero, dove si conserva senza problemi per oltre una settimana: nel caso si lasci

fermentare oltre diventa troppo acido e prende un gusto piccante.

Benefici per la salute

Il Kefir manifesta numerose qualità grazie all'attività dei batteri probiotici:

  • Contribuisce a promuovere la formazione di anticorpi.

  • Riequilibra il microbiota intestinale.

     

Ingredienti per un'altra preparazione



  • 50g di granuli di Kefir di latte (due cucchiai circa);

  • ½ lt di latte a piacere a temperatura ambiente;

Preparazione

  1. Mettete i granuli di Kefir in un contenitore di vetro con coperchio;

  2. Versate il latte (il contenitore non deve essere eccessivamente pieno);

  3. Chiudete il recipiente;

  4. Riponete il recipiente in un luogo a temperatura ambiente (in estate meglio riporre il contenitore in frigorifero);

  5. Aspettate 48 ore finché il latte non si è cagliato (durante le 48 ore mescolate ogni tanto). Il Kefir non deve cagliare eccessivamente,

  6. ma rimanere abbastanza liquido per evitare che diventi troppo acido;

  7. Filtrate il Kefir in maniera da separare i granuli dal latte fermentato;

Il vostro benefico Kefir sarà pronto quando avrà una consistenza densa ed i granuli saranno aumentati di volume.

Kefir di latte, conservazione

Il kefir auto prodotto si mantiene in frigo per circa 1 settimana, con il passare del tempo infatti la fermentazione continua

e il gusto diventa sempre più acido. Quelli che si acquistano già pronti hanno la data di scadenza impressa sulla confezione e ad essa bisogna far riferimento in maniera precisa.

 

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L'OBESITA' E' IN AUMENTO

 Combattiamo l’obesità insieme

 

E’ la campagna di sensibilizzazione promossa dall’European Association for the Study of Obesity (EASO)

nell’ambito della European Obesity Day, la Giornata Europea dell’Obesità che si è celebrata il 20 maggio

in collaborazione con comunità mediche, associazioni di pazienti e istituzioni.

L’obiettivo è di informare il maggior numero possibile di persone sull’urgenza di combattere l’obesità,

dando voce a tutti coloro che soffrono di problemi legati al peso eccessivo.

 

Gli obesi in Italia

 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità parla di 1,9 miliardi di persone in sovrappeso, di cui 600 milioni obesi. 

Un’indagine EASO rivela che in Italia gli obesi sono 6 milioni; oltre un terzo della popolazione adulta è in sovrappeso (35,3%),poco meno di una persona su 10 è obesa (9,8%) e – a causa di complicanze legate alla malattia - una persona ogni 10 minuti muore (57mila decessi all’anno e oltre mille a settimana).

Le regioni meridionali presentano la prevalenza più alta di persone di 18 anni e oltre obese (Molise 14,1%, Abruzzo 12,7% e Puglia 12,3%)

e in sovrappeso (Basilicata 39,9%, Campania 39,3% e Sicilia 38,7%) in confronto alle regioni settentrionali, che mostrano dati più bassi di prevalenza di obesità

(Lombardia 8,7%, Piemonte 8,9%) e sovrappeso (Valle d’Aosta 30,4%, Lombardia 31,9%).

Risulta in sovrappeso il 44% degli uomini rispetto al 27,3% delle donne e obeso il 10,8% degli uomini rispetto al 9% delle donne. 

Il sovrappeso passa dal 14% della fascia di età 18-24 anni al 46% tra i 65-74 anni, mentre l’obesità dal 2,3% al 15,3% per le stesse classi di età.

Percentuali alla mano, l’obesità non rappresenta solo un problema medico e sanitario, ma anche un costo importante per il Sistema Sanitario Nazionale:

si calcola che nel 2012 questa condizione sia stata responsabile del 4% della spesa sanitaria italiana. 

Ciò anche a causa della comorbidità (la coesistenza di più patologie differenti in un unico individuo): sovrappeso ed eccesso ponderale sono responsabili

di circa l’80% dei casi di diabete, del 55% dei casi di ipertensione e del 35% di quelli di tumore e di cardiopatia ischemica.

La colpa, spesso, risiede nella poca propensione alla prevenzione e nella scarsa attenzione nei confronti di uno stile di vita adeguato a ridurre il rischio delle malattie croniche non trasmissibili come è, appunto, l’obesità.

 

L’obesità è curabile

 

L’obesità è una malattia curabile - spiega Michele Carruba, direttore del Centro di Studio e Ricerca sull’Obesità dell’Università degli Studi di Milano

- ed è indispensabile avviare una serie di attività volte da un lato a sensibilizzare la popolazione sull’importanza della prevenzione,

dall’altro a rendere consapevole la classe politica e dirigente che affrontare l'epidemia di obesità non è più procrastinabile”.

Affinché ciò sia possibile - suggeriscono gli specialisti - occorre partire dalla creazione delle “Obesity Unit”,

veri e propri centri di riferimento con un approccio multidisciplinare dove il paziente obeso possa essere seguito

in ogni aspetto della cura da esperti dietologi, nutrizionisti, psicologi e chirurghi.

 

Da quando è nata, l’Associazione onlus MOVIMENTO SALUTE ha sempre avuto tra i suoi principali obiettivi,

proprio quello di combattere l’obesità, dando consigli sulla alimentazione da tenere, senza grossi sacrifici e costi.

Ma purtroppo abbiamo notato che poche sono le persone che ci sostengono in questa campagna

ed invece troviamo generalmente solo tanto poco interesse sull’argomento ed indifferenza.

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IPERTENSIONE

Ipertensione Arteriosa

da paginemediche.it

 

L'ipertensione arteriosa consiste nell'innalzamento della pressione del sangue sulle pareti delle arterie oltre i valori normali.

L'ipertensione arteriosa è una condizione potenzialmente pericolosa per l'organismo e costituisce un fattore di rischio cardiovascolare.

La pressione sanguigna è un valore che dipende dal rapporto tra la quantità di sangue che il cuore pompa al minuto e la resistenza arteriosa,

ovvero la pressione esercitata dalle pareti delle arterie sul flusso sanguigno. 

Se uno di questi due valori si alza, aumenterà anche la pressione, come durante un intenso sforzo fisico, oppure quando le arterie non sono abbastanza flessibili o elastiche. 

La pressione arteriosa ha un valore massimo quando il cuore si contrae (sistole) ed uno minimo quando si rilassa riempiendosi di sangue (diastole).

In condizioni normali, la pressione sistolica (o Massima) è al di sotto dei 120 mmHg e la pressione diastolica (o Minima) e al di sotto degli 80 mmHg.I sintomi della pressione alta

La maggior parte degli ipertesi non presenta sintomi specifici, questo è il motivo per cui è stata soprannominata “killer silenzioso”.

Alcuni segni dell'ipertensione non controllata possono essere: il mal di testa localizzato dietro la nuca, che si manifesta di mattina

quando ci si sveglia e scompare spontaneamente dopo alcune ore, i capogiri, le palpitazioni, l'affaticamento, la perdita di sangue dal naso (epistassi), i disturbi della vista e l’impotenza. 

I campanelli d'allarme più drammatici sono le aritmie cardiache, gli attacchi transitori di ischemia cerebrale (TIA), epistassi, emorragia sottocongiuntivale.

 

Ipertensione arteriosa: epidemiologia

 

Si stima che l'incidenza dell'ipertensione sulla popolazione italiana sia del 25% (circa 15 milioni), di questi solo il 50%

sa di essere iperteso, e più del 60 % non raggiunge target pressori adeguati con la terapia prescritta, nonostante sia in cura da un medico. 

Tra i fattori di rischio per la mortalità per malattie cardiovascolari, l’ipertensione spiega il 40 % dei decessi per ictus e il 25 % di quelli

per malattia coronarica. Per quanto riguarda i valori pressori e la distribuzione, secondo i dati di una indagine condotta dall’Osservatorio epidemiologico cardiovascolare

tra il 2008 e il 2012 in tutte le regione d’Italia, la pressione sistemica (Pas) media è di 134mmHg negli uomini e 129 mmHg nelle donne tra i 35 e i 79 anni;

i valori, sempre più alti negli uomini rispetto alle donne, sono più elevati al Nord e al Sud rispetto al Centro

La pressione diastolica (Pad) mostra un andamento analogo. Complessivamente più del 50% degli uomini e più del 40% delle donne sono ipertesi;

si discostano da questi valori solo le donne dell’Italia centrale (38%). Anche per quanto riguarda il trattamento antipertensivo il quadro appare migliore per le donne:

gli uomini sono più trattati perché maggiore è la prevalenza dell’ipertensione, ma le donne ipertese non trattate sono di meno (33%) rispetto agli uomini ipertesi non trattati (43%). 

Questo andamento è simile in tutte le regioni d'Italia; da notare che la proporzione di uomini ipertesi trattati è maggiore al Sud (ipertesi trattati 64%, ipertesi non trattati 36%, rispetto al 56% e al 50% degli uomini ipertesi che sono trattati al Centro e al Nord).

Le situazioni di tensione sono assolutamente da evitare per prevenire la pressione alta. 

Queste, infatti, provocano una risposta ormonale che prepara il corpo l’azione, il battito del cuore aumenta e una maggiore quantità di sangue viene pompata dal cuore.

Se questa condizione è prolungata nel tempo provoca degli effetti nocivi tra cui l’incremento della pressione sanguigna. 

Per queste ragioni, è fondamentale imparare delle strategie di gestione dello stress, facendo esercizi di rilassamento e riposando a sufficienza.

In generale, uno stile di vita salutare è fondamentale per tenere la pressione sotto controllo, per prevenire i rischi cardiovascolari e curare livelli di pressione alta:

evitare il fumo, mangiare cibi ricchi di vitamine e fibre, assumere poco sale, fare attività fisica regolare, evitare lo stress e controllare il peso. 

Secondo diversi studi clinici, i cambiamenti nello stile di vita aiutano concretamente a controllare la pressione del sangue,

sia in associazione alla terapia farmacologica sia in sua assenza.

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SINDROME METABOLICA

Le definizioni della Sindrome Metabolica

 

 

La definizione più conosciuta ed applicata nella pratica clinica è quella del National Cholesterol Education Program Adult Treatment Panel (ATP) III del 2008.                       

Essa fa riferimento principalmente a questi disturbi:

obesità addominale, ipertensione, ipetrigliceridemia, basso colesterolo HDL e glicemia >110 mg/dl (includendo anche il diabete). 

 

Nel 2005 è intervenuta l’International Diabetes Federation (IDF) con una propria definizione. Essa si caratterizza per porre l’obesità viscerale come elemento essenziale a cui si debbono aggiungere altri due criteri tra quelli abituali (ipetrigliceridemia, basso colesterolo HDL, ipertensione, iperglicemia, compreso il diabete). 

Circa 1 mese dopo la pubblicazione dei criteri dell’IDF, l’American Heart Association ed il National Heart, Lung and Blood Institute hanno pubblicato uno statement sulla SM, che ha allargato i criteri dell’ATP III, portando il livello diagnostico della glicemia da 110 a 100 mg/dl, ed ha introdotto il concetto che è sufficiente la presenza di terapia per correggere l’ipertensione, l’ipetrigliceridemia, il basso colesterolo.

 

Movimentosalute onlus, vuole  principalmente solo  parlare alla gente comune e non ai medici, che conoscono perfettamente l’argomento. S’ipotizza necessario che il nostro lettore comprenda almeno l’origine di quella che viene chiamata dagli esperti “ LA SINDROME METABOLICA” e possa quindi meglio comprendere  come si possa  sviluppare e combattere.

 

IL CAMPANELLO D’ALLARME

 

Tutti sanno che con il passare degli anni l’aspetto di una persona cambia, senza che il soggetto quasi  se ne accorga e se lo fa, considera  questi cambiamenti solo l’inevitabile segnale degli anni che passano.

Le persone in genere, dopo i sessant’anni non fanno molta attenzione se ingrassano e se compaiono sui loro corpi dei cuscinetti a livello della vita. Invece questi segnali, che il nostro corpo ci manda, è  un campanello d’allarme importante per comprendere se la nostra salute può essere a rischio.

Queste trasformazioni del nostro corpo possono rilevare un possibile rischio d’incorrere in  due gravi malattie che sono principalmente:

      L’ INFARTO ED l’ICTUS

 

                         COME SI SVILUPPA LA SINDROME METABOLICA

 

Uno dei motivi principali di questi cambiamenti del nostro corpo è dovuto alla sedentarietà,

soprattutto quando andiamo in pensione e ci rilassiamo per molte ore al giorno sulla nostra poltrona preferita o davanti alla televisione.

Diventare sedentari è il principale motivo dei cambiamenti del nostro organismo, dovuti anche alla presenza di alti livelli di zuccheri

nel sangue che possono causare successivamente il diabete, l’ictus e l’infarto.

Un altro motivo di questi cambiamenti è l’alimentazione sbagliata, dovuta anche ad un eccessivo apporto di calorie, che non sono più necessarie al nostro corpo. 

L’individuo deve comprendere che non può più ingerire tutto quello che mangiava prima, ad iniziare dai grassi, dal troppo sale e dai dolciumi.

Occorre puoi, oltre ad un controllo costante del proprio peso, verificare la propria pressione sanguigna:

ricordarsi sempre che quella minima non deve mai superare i 90 . La giusta pressione deve stare tra i 120 della massima ed i 79 della minima.

Se ingrassiamo troppo, oltre che aumentare la nostra circonferenza, possiamo provocare una serie di malattie,

tipiche della terza età, come il diabete, che aggrava tutti gli altri fattori di rischio cardiovascolare, predisponendo l’organismo al pericolo dell’infarto. 

I valori della glicemia devono stare:

tra 70 e 109 per le persone sane e normali

tra 110 e 125 per quelle che hanno la glicemia leggermente elevata, 

ma non ancora pericolosa,

mentre i valori superiori ai 126 mg/dl indicano la presenza di diabete tipo 2, che è il più pericoloso per il nostro organismo,

tanto da provocare  tutta una serie di problematiche che vedremo di trattare diffusamente  in un altro articolo.

 

                                                                  R.B.BIJNO

 

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